Si può dire che la pubblicità sia come una medaglia a due facce: su una faccia c'è l'aspetto creativo ed emozionale del messaggio, sull'altra c'è l'aspetto strategico, che ha a che fare con tecniche, numeri e statistiche. Questo secondo aspetto, ovviamente, è importante quanto il primo, anche se forse può apparire meno affascinante, e uno dei momenti in cui è più fondamentale è quello della valutazione dell'efficacia di una campagna pubblicitaria.
Per valutare un piano media efficace si utilizzano diverse formule, che permettono di conoscere il rapporto tra i costi e i benefici della campagna in relazione al numero di persone raggiunte e al target. Per un'azienda di dimensioni medio-piccole, in particolare in un settore difficile come quello alimentare, studiare con attenzione l'efficacia delle sue azioni di marketing permette di evitare sprechi e conoscere quello che dovrebbe essere il ritorno economico della campagna. Ma vediamo più in dettaglio di che parametri si tratta e come funzionano.
I parametri per valutare un piano media efficace
Esistono diversi parametri da considerare, quasi tutti generalmente abbreviati con un acronimo:
- reach
- GRP (Gross Rating Point)
- CPRP (Costo per Rating Point)
- CPM (Costo per Mille)
- CPC (Costo per Click)
- CPA (Costo per Acquisition)
Il reach è semplicemente il rapporto, indicato in percentuale, tra il numero di persone esposte a una pubblicità in un periodo preciso e il target totale dell'azienda. Il GRP è il parametro che permette di sapere quanta percentuale del target viene effettivamente raggiunta dalla campagna nella sua interezza.
Facciamo l'esempio di un prodotto alimentare di una piccola azienda a distribuzione regionale, indirizzato a un target composto da un milione di persone. L'azienda acquista uno spazio su un quotidiano locale, con 100.000 lettori al giorno, per tre giorni. Il reach è del 10%, perché per ogni spazio acquistato il messaggio pubblicitario raggiunge il 10% (1.000.000/100.000) del target. Il GRP invece è del 30%, perché la campagna si compone di tre spazi acquistati sul quotidiano.
Il CPRP, come si può comprendere leggendo il significato dell'acronimo, illustra il rapporto tra il costo di una campagna e il GRP, cioè il costo di una campagna per ogni punto percentuale di target raggiunto. A questo parametro spesso si sostituisce il CPM, cioè il costo di una campagna ogni mille persone raggiunte.
Continuiamo con l'esempio precedente. Se per acquistare gli spazi l'azienda spende 1500 euro, il CPRP sarà di 50 euro (1500€/30), mentre il CPM sarà di 15€ (1500€/100.000*1000). Il CPM è un parametro molto utilizzato anche nel campo digitale. Quest'ultimo ha cambiato profondamente il mondo della pubblicità, anche grazie alla possibilità di conoscere con certezza il numero delle persone raggiunte da una campagna, nonché i loro dati demografici, e per di più in tempo reale.
Altri parametri tipici del digital sono il CPC e il CPA. Il primo è il prezzo che un inserzionista chiede per ogni click che una certa pubblicità su internet (ad esempio in forma di banner o pop up) riceve. Non si parla più quindi di visualizzazioni, ma di click. Il CPA è ancora più specifico: è il costo della campagna per ogni persona che acquista, o che compie un'altra azione rilevante per l'azienda (come l'iscrizione a un servizio).
Quando un piano media è efficace?
Un piano media è efficace quando il suo GRP è alto, cioè una grande percentuale del target è raggiunta. Questo dovrebbe naturalmente associarsi a un basso CPRP, cioè a dei costi contenuti. Nel settore digitale, come dicevamo, monitorare l'efficacia di una campagna è ancora più semplice. Non solo, ma potendo seguire i risultati in diretta è anche possibile correggere il tiro, in modo da reindirizzare una campagna che stava mancando il target.
Per un’azienda alimentare, tuttavia, la pubblicità di tipo tradizionale può rappresentare ancora una risorsa molto importante e redditizia, nonché uno strumento efficace per aumentare i clienti e la brand awareness.