Ogni nostra attività è scandita da processi cognitivi che ce la fanno impostare, gestire ed elaborare attraverso le funzioni che animano la nostra mente: ogni comportamento è frutto di un processo di elaborazione delle informazioni che riceviamo dal mondo esterno, ovviamente in modo soggettivo a seconda di predisposizione, stato d'animo, livello socioculturale ecc. Ciò vale per ogni situazione che ci sottopone a uno stimolo, dunque è un fattore molto importante anche in pubblicità. I comportamenti dei consumatori, in effetti, si originano da motivazioni individuali più o meno consapevoli, e la psicologia può rilevare le possibili origini di questi atti di consumo.
In generale, i processi cognitivi legati all’apprendimento di una marca o di un prodotto possono essere classificati in tre modi. Quelli più diffusi e di cui meno ci accorgiamo sono i processi automatici, secondo i quali scannerizziamo continuamente la realtà che ci circonda, inevitabilmente, inconsciamente e automaticamente, per determinare se ci sia qualche stimolo che meriti la nostra attenzione. Esattamente all’opposto si collocano i processi attivi, o ad alto coinvolgimento, caratterizzati da alta attenzionalità e basati sull’utilizzo di un tipo di immagazzinamento dei dati molto cosciente e strutturato, che è la memoria di lavoro. I processi superficiali, o a basso coinvolgimento, invece, sono una specie di zona intermedia senza caratteristiche precise, che si trova fra i due precedenti: c’è un basso livello di attenzionalità ma comunque un minimo di informazioni è assorbito senza particolare volontà da parte dell’utente.
Alcune ricerche hanno dimostrato come le attività del leggere o del parlare si riconducano alla parte sinistra del nostro cervello, mentre la percezione di immagini alla parte destra; allo stesso modo, rispettivamente, si possono collocare le attività a alto coinvolgimento e quelle a basso coinvolgimento negli stessi emisferi. Sono proprio i processi a basso coinvolgimento ad essere di maggiore interesse per l’ambito pubblicitario.
Generalmente i consumatori sono convinti che le principali marche siano equivalenti e spesso basano le loro scelte su istinto e intuizione; di solito, i fruitori di pubblicità non si aspettano di apprendere cose importanti da essa e dunque non vi dedicano molta attenzione. Le informazioni che vengono recepite, dunque, lo sono in maniera passiva, sfruttando appunto processi di apprendimento a basso coinvolgimento. Questo tipo di memorizzazione implicita, come viene chiamata, è costituita da concetti e percezioni estremamente semplici e basilari, proprio perché comunicazioni più strutturate richiederebbero processi con soglie di attenzione più elevate e quindi ad alto coinvolgimento.
Se si pensa alla televisione, mezzo seguito con il più alto tasso di passività soprattutto negli stacchi pubblicitari, la maggior parte degli spot viene recepita con processi a basso coinvolgimento e gli elementi percettivi e concettuali vengono ricordati in modo implicito soprattutto attraverso associazioni di marca (collegamento di un prodotto, di uno spot, di un testimonial, di un colore, di una sensazione ecc. a un certo brand). Pur essendo quasi inconsce, queste associazioni possono essere fortissime e influenzare a maggior ragione, appunto perché quasi istintivamente, le decisioni di acquisto. Chi fa pubblicità deve tenere conto in modo molto accurato di questo tipo di approccio cognitivo.