Per un’azienda che investe in una campagna pubblicitaria è importante sapere con chiarezza dove andrà a collocarsi la propria inserzione e a quale preciso pubblico sarà indirizzato. Molto spesso questo non accade in modo molto preciso perché i sistemi editoriali sono al loro interno molto complessi e in alcuni casi il messaggio pubblicitario si perde nella sovrapposizione dei media.
Un fenomeno molto diffuso nella stampa è quello del bundle, ovvero dell’aggregazione di più prodotti editoriali allegati a uno stesso quotidiano o giornale: più sono i servizi che si mettono assieme, più aumenta la probabilità che un numero elevato di clienti acquisti tutto il pacchetto per fruire di almeno uno di quei prodotti o servizi. L’effetto, sicuramente positivo sulle vendite, è invece abbastanza problematico per la definizione del campo pubblicitario: il numero delle copie di un giornale, in effetti, viene gonfiato dalla presenza di allegati e prodotti aggiuntivi e non dà quindi l’idea realistica di un lettorato effettivo.
Come ha analizzato Claudio Plazzotta in un articolo sul numero odierno di Italia Oggi, ripreso poi su Blitz Quotidiano, il fenomeno è stato esportato anche nel mondo del web, in una forma molto spinta di aggregazione: molti siti infatti propongono sottosezioni aggregate o portali correlati le cui visite gonfiano quelle complessive dell’indirizzo madre, visite che poi vengono vendute in modo aggregato ai clienti che vogliono inserirvi della pubblicità. Alcuni esempi sono lampanti: il sito d’informazione Lettera43 ottiene una gran parte delle visite complessive che dichiara da un portale parallelo di cerco-offro lavoro; il portale Donnamoderna.com aggrega alla sua audience i contatti ottenuti da un sito affiliato di informazione sul meteo; Tgcom24, ancora, accoglie sotto di sé molti dei siti di informazione Mediaset, come ad esempio Panorama.it, e in questo modo ne raggruppa tutti gli utenti. In generale quasi tutti i siti che vantano un traffico consistente adottano questo metodo per mantenere alto il numero dei contatti.
Ovviamente questa tecnica consente di mantenere in piedi molti progetti editoriali ma riduce la trasparenza con cui viene gestita la compravendita degli spazi pubblicitari. Di recente si è mossa in questo senso l’Upa, l’associazione che raggruppa le aziende che investono in pubblicità, riuscendo ad ottenere da Audiweb che vengano pubblicati i dati disgregati dei vari portali che compongono un certo sistema editoriale. In questo modo l’investitore può farsi un’idea più precisa dell’effetto che avrà la propria campagna, riuscendo a meglio comprendere l’effettiva destinazione finale della propria pubblicità.