Le sfide della comunicazione sociale 2.0

Scritto da Paolo Armelli

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Articolo pubblicato originariamente sul sito web di Espansione.

Con l’espressione comunicazione sociale si intende quella serie di attività pubblicitarie e comunicative finalizzate alla sensibilizzazione su determinate tematiche di interesse generale (sanitarie, ambientali, politiche, culturali ecc.). Questo può comprendere la raccolta fondi, la semplice informazione su argomenti di rilevanza sociale, la modificazione di sensibilità o la richiesta di attenzione su ambiti non centrali nell’opinione pubblica ma da tenere sotto osservazione, l’invito a cambiare abitudini o assumerne di nuove per risolvere problemi collettivi e molto altro.

In Italia ha avuto particolare successo la Fondazione Pubblicità Progresso, un’istituzione no profit che dal 1971 si impegna per promuovere soluzioni a problemi morali e civili, divenendo in qualche modo la fonte della comunicazione sociale per antonomasia. Osservare nel corso degli anni il succedersi delle varie campagne può mostrare l’evolversi della società: negli anni Settanta l’attenzione si concentrava su tematiche sanitarie come la donazione del sangue e la lotta al fumo, mentre nel decennio successivo ci si specializzò maggiormente sulla salvaguardia ambientale e sulla piaga dell’Aids; negli anni Novanta invece il focus si spostò soprattutto su temi di integrazione sociale come il razzismo, la sensibilizzazione culturale e l’accettazione dell’handicap. Percepire il clima sociale è fondamentale per ottenere risultati non solo astratti ma anche nel concreto del tessuto civile.

Non bisogna dimenticare, infatti, che la comunicazione sociale si svolge secondo le modalità di una campagna di comunicazione vera e propria: rappresenta sempre un’operazione molto complessa, che impone ai suoi promotori di scegliere con giudizio il target, la forma e i contenuti più adatti, il tono di voce calibrato, i tempi di attuazione più consoni. Per di più la valutazione di una campagna di comunicazione sociale è difficile e complessa e non sempre produce risultati univoci, dato che i valori puramente numerici (gli utenti raggiunti, le somme di denaro raccolte ecc.) sono solo la parte più concreta e, se vogliamo, limitata degli effetti a cui punta questo tipo di divulgazione: più labili sono le misurazioni per quanto riguarda l’effettivo cambiamento nella coscienza delle persone e il relativo cambio di abitudini.

Sta di fatto che gli investimenti in questo campo sono notevoli e sempre più in crescita: la comunicazione sociale è aumentata negli ultimi anni in termini di spazio, investimenti, visibilità, soggetti attivi e sensibilità. Ci sono però due problematiche da osservare: da una parte la comunicazione sociale riveste comunque un ruolo marginale rispetto al mondo pubblicitario vero e proprio, e questo limita la sua capacità d’azione a qualcosa, in qualche modo, di secondo ordine; d’altro canto spesso questa stessa comunicazione si concentra in alcuni periodi dell’anno o in concomitanza con determinati eventi e ciò può a volte generare un senso di saturazione e anestetizzazione rispetto a certi temi. Una possibile soluzione può essere quella di perseguire, ancora una volta, la via della creatività: difficile non ricordare le dirompenti campagne di sensibilizzazione create da Oliviero Toscani all’epoca della sua collaborazione con Benetton. Cercare nuovi linguaggi, nuovi strumenti e soprattutto osare sfidare i limiti della percezione comune può essere la strada per dare ulteriore slancio, credibilità ed efficacia a un fondamentale strumento come la comunicazione sociale.

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