Quando il rebranding non funziona

Scritto da Delmonte

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Il logo, lo slogan, i colori e il font sono quegli elementi che, quando combinati insieme, danno vita al volto dell’azienda, le attribuiscono un’identità precisa. Il brand racchiude e convoglia un insieme di valori che raccolgono prima il consenso e poi la fiducia del consumatore.

Tuttavia, per ogni azienda arriva prima o poi il momento di intraprendere un percorso di rebranding. Alla base possono esserci ragioni di vario tipo, come ottenere un vantaggio sulla concorrenza, espandersi sul mercato, simulare una crescita, introdurre una nuova linea di prodotti, integrare un’acquisizione, rispondere alla diffusione di una cattiva reputazione, o comunicare l’avvio di una nuova gestione. In ogni caso, si tratta di un momento molto delicato, che richiede energia, tempo e denaro, e può rivelarsi a volte controproducente: cambiare il nome, il logo o il messaggio può avere un forte impatto sul pubblico, sia interno che esterno. Dato l’attaccamento che i consumatori spesso dimostrano nei confronti di un brand storico, è molto importante condurre delle indagini dettagliate al fine di avere la conferma che un eventuale rebranding venga apprezzato. Quando ciò non avviene, quando cioè il cambiamento di un logo non incontra i gusti dei consumatori, il rebranding può essere vissuto da questi come un vero e proprio tradimento.

Sono molti i casi di grandi aziende e multinazionali incappate in questo tipo di errore; molte di esse hanno ricevuto critiche tali da vedersi costrette a tornare sui propri passi e adottare nuovamente il brand consolidato, comportando peraltro un ingente spreco di denaro oltre che un ovvio danno d’immagine. Esaminiamo di seguito tre esempi lampanti.

Primo fra tutti è il caso di una grande multinazionale americana che, negli anni, ha fatto del processo di rebranding il proprio brand: la Pepsi. A differenza della Coca Cola, suo storico rivale, che fin dalla nascita ad oggi ha mantenuto i suoi connotati quasi del tutto invariati, la Pepsi ha optato per una strategia di rinnovamento costante del proprio logo. Una tattica considerata da molti non vincente, in quanto non permette al consumatore di assorbire e mantenere nel tempo un’immagine da associare al prodotto. Inoltre, la continua modifica dei propri tratti viene spesso vista come una tecnica per mascherare difficoltà, difetti o inferiorità rispetto ai concorrenti. Elemento ancora più accentuato nel caso di Pepsi contro Coca Cola, in cui i due schieramenti sono ben distinti ed inconciliabili.

Emblematico e più recente è il rebranding effettuato da Gap, la nota casa d’abbigliamento. Una settimana dopo aver modificato il proprio logo storico formato da un quadrato blu contenente la scritta GAP in bianco, a seguito di numerose critiche e messaggi di protesta da parte del grande pubblico, l’azienda non ha provato a difendere le proprie scelte e si è vista obbligata a fare marcia indietro. Marka Hansen, presidente di Gap Brand North America ha così commentato: “Abbiamo ascoltato tutti i commenti della settimana scorsa. Affermavano di essere affezionati al logo tradizionale e volevano che tornasse. Abbiamo quindi preso la decisione di seguire il loro consiglio. Non è andata come ci saremmo aspettati e abbiamo perso l’occasione di coinvolgere la comunità online”.

Esistono poi situazioni in cui il rebranding non funziona nel senso che non riesce a migliorare la reputazione già negativa di una determinata azienda. Caso celebre è quello della società di contractor Blackwater, che ha cambiato completamente faccia con il nome Xe Services. La società era stata accusata di operare aggressivamente e al di fuori delle regole, accusa basata sulla morte di alcuni civili iracheni nel 2007. Lo scandalo e l’inchiesta del Congresso che ne conseguirono spinsero Blackwater a questo rinnovamento/mascheramento nel 2009; operazione tanto fallimentare da spingere nel 2011 l’ad Ted Wright a cambiare nuovamente il nome in Academi.

Dai casi qui esposti si evince chiaramente quanto un processo di rinnovamento e modernizzazione di un’azienda o di un prodotto rappresenti tanto una sfida quanto un rischio. Dovere fondamentale dell’azienda è dunque valutare attentamente lo scopo da raggiungere e capire se tale cambiamento sia davvero necessario.

 

Argomenti: Advertising, Branding, marketing, Approfondimenti
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