Un articolo di Michele Fossi sull’ultimo numero de L’Uomo Vogue (n. 438, febbraio 2013) offre interessanti spunti su un fenomeno pubblicitario sempre più diffuso ma su cui risvolti c’è ancora molto da dire: si tratta del celebrity endorsement, ovvero di quella modalità secondo cui si promuove un prodotto associandolo all’immagine e alle caratteristiche di un personaggio molto noto.
Il successo, la seduzione, la perfezione, la ricchezza - per contro qualche volta anche la simpatia, l’umanità e la normalità: sono tutte caratteristiche che si possono associare alle star del cinema, della musica, dello sport e della tv e che rendono l’endorsement un’arma vincente per migliorare l’efficacia della comunicazione di un marchio o di un prodotto. E se pensiamo che qui da noi le pagine pubblicitarie e gli spot siano pieni di celebrità ammiccanti e seducenti, basta spostarsi in Asia per assistere ad un vero e proprio boom di questo fenomeno: in India il 18% delle pubblicità coinvolge stelle dello spettacolo, il 30% in Giappone, anche se il record spetta alla Cina dove il 35% degli advertisement sfrutta le immagini dei famosi e dove addirittura uno stesso artista può arrivare a comparire, nello stesso periodo di tempo, in 15 campagne pubblicitarie diverse.
Il celebrity endorsement è una tecnica molto collaudata: associare la propria immagine a quella di un personaggio famoso significa rafforzare la notorietà del brand, connetterlo a idee di successo e glamour, aumentare considerevolmente visibilità e bacino del target. Tutto questo però comporta anche delle controindicazioni: più una stella dello spettacolo è celebre, più arruolarla costa caro e dunque molto spesso bisogna calibrare il budget togliendo priorità ad altri settori come quello della creatività, ad esempio; altrimenti il rischio è anche quello di offuscare del tutto la comunicazione sul prodotto in quanto tale: l’immagine della celebrity è talmente forte e potente che nel consumatore resta impressa solo quella e non invece la relazione col marchio o le informazioni su ciò che l’azienda offre (è la cosiddetta cannibalizzazione del prodotto).
Molto più spesso, poi, affiancare un brand o un prodotto a una star significa anche legare indissolubilmente i loro destini: dalle vicende professionali e personali di quella star dipendono anche gli esiti commerciali e di immagini di ciò che pubblicizzano. I casi eclatanti in questo ambito non mancano: nel 1989, ad esempio, la Pepsi investì milioni e milioni di dollari in una campagna in cui compariva una starlette allora emergente ma dal destino assolutamente promettente, Madonna, salvo poi dover ritirare gli spot in cui compariva la futura regina del pop in seguito allo scandalo suscitato dal suo controverso video per “Like a Prayer”; lo stesso capitò a Kate Moss che, dopo la copertina del Daily Mirror che la ritraeva mentre sniffava cocaina, ha perso contratti pubblicitari multimilionari con partner, fra gli altri, come Chanel e H&M; il marchio che però soffre più di queste altalenanti vicenda è però sicuramente la Nike: nel giro di pochi anni campioni sportivi che ne erano i testimonial più di successo sono stati colpiti da accuse clamorose che hanno costretto al ritiro delle pubblicità in cui comparivano, ricordiamo ad esempio Tiger Wood travolto dagli scandali sessuali, Lance Armstrong coinvolto nel caso doping e, da ultimo, Oscar Pistorius (il claim della sua campagna recitava, in un amaro paradosso: “I’m the bullet in the chamber”, sono un colpo in canna). Di recente anche qui in Italia è avvenuto un caso simile con il campione olimpico di marcia Alex Schwazer, sospeso per via di un’accusa di doping e immediatamente eliminato dalla campagna promozionale della Kinder.
Non è in dubbio, comunque, che quando l’immagine di una star è positiva e vitale, anche la pubblicità ne giovi in modo notevole. Bisogna anche qui fare attenzione, in ogni caso, ad adeguarsi ai trend del momento: per quanto riguarda questo tema è bene tenere d’occhio le potenzialità offerte dai social media. Far postare alla star di turno una sua foto mentre utilizza un prodotto o invitarla a twittare un commento positivo su di esso può generare negli utenti una reazione molto più autentica e positiva rispetto a una pubblicità tradizionale. L’importante, come sempre in questi casi, è che l’apparentamento con la celebrity sia appropriato al nostro target e ai nostri obiettivi e soprattutto sia estremamente credibile.