Il Celebrity Cranding

Scritto da Paolo Armelli

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Se da una parte il celebrity endorsement è una tecnica comunicativa di grande successo, dall’altra negli ultimi tempi sta prendendo piede una forma ancora più strutturata di coinvolgimento delle personalità famose nel mondo del marketing: il celebrity branding. Il punto di partenza è il medesimo, ovvero sfruttare il bagaglio di notorietà e di riferimenti valoriali che i vip hanno sviluppato nella loro carriera e legarli al successo di un prodotto; in questo caso, però, il nome della celebrità diventa un vero e proprio brand (spesso coprendo quello dell’azienda che effettivamente realizza il prodotto) e ciò che pubblicizza diventa quasi una parte del suo universo personale.

C’è da dire che non sono pochi i divi, soprattutto dello spettacolo, che tendono a trasformare la propria vita in un’attività imprenditoriale a 360 gradi: l’attore cinese Jackie Chan ha investito gli introiti dei suoi film d’azione fino a fondare in patria un vero proprio impero che va dalla produzione cinematografica, all’abbigliamento e perfino al ramo immobiliare; l’immancabile Lady Gaga ha creato profumi, abiti, ha collaborato con la Polaroid e la Beats di Dr Dre (altro caso, questo, di rapper famoso trasformatosi in un marchio), ha anche aperto un ristorante a New York; c’è anche chi fa il percorso inverso, come il celeberrimo Donald Trump che, da magnate dell’industria, ha impiegato il proprio capitale per costruirsi una notorietà televisiva.

Il sistema del celebrity branding, in ogni caso, sembra avere molto successo soprattutto nel campo dell’estetica, facendo leva sul fatto che il pubblico desidera ardentemente vestire o apparire come le proprie stelle di riferimento. Non a caso negli ultimi anni Madonna ha lanciato una sua linea di abbigliamento con Macy’s, la Material Girl, mentre Beyoncé ha fondato con la madre una maison chiamata House of Dereon. Ancora più attivo è il campo dei profumi: la multinazionale della cosmetica Coty, licenziataria di marchi come Rimmel e Calvin Klein, da anni ormai ha ampliato il suo business personalizzando fragranze coi nomi delle stelle più quotate, da Sarah Jessica Parker a Jennifer Lopez, da Kylie Minogue a David Beckham e così via.

Per certi versi il celebrity branding è meno rischioso del semplice endorsement: solitamente infatti si creano prodotti ad hoc per queste collaborazioni con le star e dunque il rischio è legato semplicemente a quel determinato lancio, e non all’immagine generale di un’azienda che fra l’altro è “mascherata” dal name brand della celebrità. Tutto sta, però, nel trovare idee che siano efficaci e soprattutto ben attinenti al personaggio con cui si ha a che fare, per poter così raggiungere appieno il suo pubblico di riferimento. A volte però anche queste iniziative vengono calibrate in modo sbagliato e si rivelano dei fiaschi terribili, in termini economici per l’impresa che le promuove e di immagine per i vip che collaborano: molti, ad esempio, non hanno ben compreso l’operazione con cui Justin Bieber, baby re Mida dello star system, ha lanciato Someday, un profumo femminile che non ha riscosso molto successo se non fra le sue fan; ancora più scottante è stato il caso recente di Oprah Winfrey, regina del talk show americano: dopo anni di successo col suo programma ha deciso di fondare un proprio canale televisivo a suo nome, OWN (Oprah Winfrey Network), con enormi investimenti e una collaborazione con Discovery Channel, anche se per ora gli ascolti sono stati poco più che modesti.

Si sa che la celebrità è un fenomeno altalenante, che va e che viene, che alterna successi e cadute: allo stesso modo bisogna interpretare quelle tecniche di marketing che sfruttano l’aggancio con le celebrità stesse, mettendo in conto quell’imprevedibilità tipica di chi basa il proprio lavoro sul consenso, non sempre costante, del pubblico.

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