Il digitale cambia la tv dei ragazzi

Scritto da Paolo Armelli

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Chi è cresciuto negli anni Ottanta e Novanta era abituato a un tipo molto determinato di fruizione televisiva: i palinsesti delle televisioni sia di stato che private erano organizzati in modo da accompagnare bambini e ragazzi prima e dopo i compiti, tendenzialmente dal rientro da scuola fino alle 14 e poi dopo le 16. La tv dei ragazzi offriva spazi in qualche modo ben definiti e rituali che scandivano la giornata dei più giovani e, di conseguenza, la loro esposizione a un certo tipo di pubblicità ben definita.

Con l’arrivo della televisione satellitare la situazione è leggermente cambiata con l’introduzione di nuovi canali tematici interamente dedicati alla programmazione per bambini e ragazzi: erano però pochi (all’inizio solo Disney Channel e Cartoon Network) e appunto riservati a un numero limitato di abbonati. Il vero boom che ha cambiato il panorama tv è avvenuto negli anni scorsi, con la grande espansione di una realtà come Sky e, soprattutto, con l’arrivo in tutta Italia del digitale terrestre. Attualmente, fra digitale terrestre e satellitare, la televisione può contare 22 canali dedicati alla programmazione junior, di cui 7 sul digitale aperto a tutti (si riducono progressivamente, invece, gli spazi dedicati sulle generaliste): è una specie di record, pareggiato in Europa solo da Regno Unito, Germania e Spagna. Questa offerta è estremamente variegata in quanto offre una segmentazione molto precisa sia dal punto di vista delle fasce d’età (Playhouse Disney, Rai YoYo, Cartoonito, K2, Nick Jr., ad esempio, per i bambini in età prescolare; Boing, Super!, Frisbee per quelli più grandi e addirittura altri, come Super! e Disney XD, per i teenager), ma anche per diversa tipologia di pubblico (Rai Gulp ha un target prevalentamente femminile, Cartoon Network più maschile).

Il mix fra frammentazione del pubblico di riferimento e grande appetibilità dello stesso fa sì che la raccolta pubblicitaria di queste realtà televisive sia cresciuta di parecchio negli scorsi anni e, per certi versi, riesca a resistere anche in questo periodo così difficile. Il problema, però, è che a fronte di una grande offerta e di introiti buoni, l’investimento produttivo di questi canali è in qualche modo limitato: le produzioni (se si eccettuano alcuni esempi di Rai o DeAgostini) sono poco numerose e ci si affida in maniera massiccia alle library dei grandi editori stranieri, peraltro presenti in Italia coi loro canali (Disney, Turner, Viacom). Questo crea una certa uniformazione e ripetitività dei palinsesti, anche se l’offerta televisiva italiana per bambini e ragazzi rimane invidiabile per numero di canali e diversificazione degli approcci comunicativi.

L’analisi della situazione è emersa dal rapporto appena pubblicato di Focus in Media, Osservatorio sulla comunicazione della Fondazione per la Sussidiarietà, realizzato dai ricercatori dell’Osservatorio sulla comunicazione dell’Università Cattolica di Milano: oltre a fotografare la grande espansione del panorama digitale e il relativo disimpegno delle reti generaliste su questo fronte, la ricerca evidenzia come i giovanissimi siano spesso comunque sintonizzati anche sui grandi canali tradizionali (in particolare Rai1 e Canale5) e al contempo come cresca costantemente la platea di pubblico raggiunta dalle nuove reti tematiche. Un’espansione sempre più appetibile per gli investitori pubblicitari, anche se col rischio di una saturazione nel mediobreve periodo, che si deve aggiungere a quella di nuove piattaforme (web tv, streaming su tablet e smartphone ecc.), anche loro estremamente attratte dai target più giovani.

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