Ultimo appuntamento su DM&P Blog per la serie di approfondimenti legati ai processi mentali e alla strategie di marketing. Qui la prima e la seconda puntata
La comunicazione pubblicitaria è finalizzata a influenzare, in un modo o nell’altro, i comportamenti del consumatore. Tutto ciò avviene però, a livello molto complesso e stratificato, proprio nella mente del ricevente del messaggio. Solo quando il consumatore avrà introiettato e dunque “digerito” ciò che la pubblicità vuole comunicare si potranno avere delle influenze sul suo modo di agire e di acquistare. Dunque la comunicazione deve anche contribuire a formare o rimodellare modalità di pensiero.
Se le strategie illustrate finora erano finalizzate a influenzare le strutture di pensiero per poi avere delle ricadute e delle conseguenze sulle modalità di comportamento dei consumatori, ne esistono altre strategie, come le seguenti, che si indirizzano direttamente al comportamento senza l’intermediazione della SMR (struttura mentale di riferimento). Infatti i rapporti fra SMR e comportamento non sono così rigidamente fissati e delle modifiche al comportamento possono spesso intervenire, ma solo quando il processo comportamentale è in forte contrapposizione o sfasamento rispetto alle strutture mentali.
Si prenda il caso del tabacco: la convinzione e anche la presa di coscienza a livello cognitivo dei danni legati al fumo e della sgradevolezza dei suoi effetti non comporta spesso una modificazione del comportamento di chi invece continua a fumare pur consapevole dei rischi; per modificare questo atteggiamento, dunque, la pubblicità deve indirizzarsi più direttamente a influenzare il comportamento, agendo in qualche modo a livello “organico” (l’utente continua a fumare perché, oltre alla consapevolezza, non nota conseguenze fisiche su di sé). A riguardo funzionano dunque bene le campagna che cercano di veicolare messaggi forti e impattanti, per così dire concreti, che alle statistiche astratte sostituiscono immagini shock, esempi di danneggiamenti organici e riferimenti a conseguenze strettamente personali più che collettivo-sociali. Altrimenti si rischia che prevalgano i comportamenti primitivi rispetto a quelli di coscienza.
Ci sono altri tipi di comunicazione, poi, che non passano nemmeno attraverso i processi mentali strutturati in quanto si rivolgono a settori della nostra mente estremamente semplici e quindi hanno un riflesso praticamente immediato sul comportamento. Succede ad esempio per quanto riguarda l’acquisto di prodotti casalinghi molto comuni, come ad esempio i detersivi o la pasta: molto spesso a livello mentale per questo tipo di prodotti non c’è una vera distinzione di marca o di valutazione d’immagine, ma semplicemente dominano automatismi o preferenze di prezzo. A questo livello il marketing può intervenire semplicemente rendendo più visibile o appetibile il proprio prodotto (migliore esposizione, offerte, campagna di persuasione molto insistenti ecc.).
Sempre a livello di comportamento diretto funzionano le cosiddette pubblicità segnale, ovvero quel tipo di advertising che si lega strettamente ad abitudini cicliche, all’associazione immediata in riferimento a una parola o a un simbolo, alle azioni svolte in un certo orario ecc. Queste campagne vogliono proprio rinsaldare certi automatismi (il caffè dopo pranzo, quel preciso giornale alla domenica, il certo programma tv alla certa ora ecc.) che funzionano in modo immediato e non intermediato. Insomma, spesso puntare all’inconsapevolezza del consumatore è la tattica pubblicitaria più inseguita.